OGNI DONNA HA IL SUO SERPENTE | considerazioni psicologiche sulla necessità di una relazione cosciente con il rettile che abita in tutti noi.
Ogni
umano ha un amico serpente.
Possiamo ammetterlo: noi donne ne sappiamo qualche
cosa in più. Vuoi per questioni di storia dei giardini - un certo Eden, mi pare
- vuoi per faccende simboliche relative alle divinità precristiane, noi
fanciulle di ogni età abbiamo a che fare con un amico interiore che
dall'immaginario ci chiede di essere riconosciuto.
Per
gli antichi alchimisti - quei bizzarri personaggi che cercavano di ottenere
l'oro dal piombo e da altre sostanze schifose quali i cadaveri, lo sterco,
eccetera - il simbolo del serpente non era altri che il Mercurius,
ovvero la sostanza alla base di ogni trasmutazione dal piano materiale al piano
spirituale e poi, di nuovo, al piano materiale ma con redenzione completa di
tutto ciò che è umanamente "basso", "venefico",
distruttivo. Il Mercurio operativo, disegnato sui libri di alchimia in
veste di serpente, era identificato con il fluido vitale e nei testi alchemici
viene chiamato anche "mestruo".
Per
dire.
Mestruo, dai.
Nulla
di più femmineo, eh?
Questo
strisciante elemento è ancora e sempre psicologicamente importante poiché è il
simbolo del legame di congiunzione di tutti gli opposti presenti nella nostra
mente.
Gli
opposti psichici sono stati rappresentati nei secoli dei secoli in tutti i
sistemi simbolici e nei testi sacri del mondo come Sole e Luna (o Terra),
divinità maschili e divinità femminili, Adamo ed Eva, Re e Regina. Insomma, il
serpente è colui che mette il dito (anche se non possiede un dito) tra i due,
che si insinua tra il Lui e la Lei della situazione. Persino nella
rappresentazione del Tao i due elementi Yang e Yin sono separati da una linea
sinuosa e non dritta.
Soffermandoci
un istante sull'opera degli alchimisti, per i quali - dobbiamo dirlo - l'oro
agognato non fu soltanto una questione concreta, bensì materiale e spirituale
insieme, occorre osservare come il serpente sia proprio IL SIMBOLO per
eccellenza.
La
coppia degli opposti descritti dagli alchimisti nelle pagine dei loro
bellissimi testi illustrati necessita di un terzo elemento per avviare il
procedimento che porterà al nuovo, alla creazione di ciò che per questi
ricercatori era identificato con l'elemento oro. Che si parli di Re e Regina,
di fratello e sorella, di Leone e Leonessa, di Marte e Venere, di Sulphur e
Sal, di cielo e terra, in ogni caso la dualità si divide, si riunisce, si
mischia, si fa uno e due, e uno ancora e poi diventa "cosa doppia".
Separazioni e riunioni avvengono per mezzo del simbolo del serpente: qui sta la
sacralità dello stesso.
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Uroboro: un serpente rotondo
L'Uroboro
è la sostanza arcana, lo stesso Mercurio dei filosofi ermetici ed è
rappresentato in forma di serpente, a volte drago, che si morde la coda.
Esso
è il "simbolo primordiale della verità alchemica e indica la natura
circolare dell'opera" (C.G. Jung, Mysterium
coniunctionis pag. 101, nota 54). "Egli è il drago che
sposa se stesso, ingravida sé medesimo, partorisce a tempo debito e uccide col
suo veleno tutti gli esseri viventi." (M. c. pag. 305, nota 142 da
Mylius, Philosophia reformata, 1622).
L'uroboro è l'inizio, è la rappresentazione del Caos
ma anche del potenziale ordine, del nuovo che verrà; un nuovo elemento capace
di accogliere le "due nature". Perché la nuova vita, completa e
ricca, possa arrivare, occorre però un'attiva e cosciente opera di trasmutazione
dello stesso elemento venefico.
Serpe come veleno o risorsa interiore?
L'elemento
serpentino viene trasformato da veleno a medicina nel procedimento alchemico, il quale è lo
specchio del percorso di psicoterapia moderna (Carl Gustav Jung ha analizzato a
lungo e approfonditamente questo parallelo).
Siamo
sempre in cerca del tesoro, insomma. Avere a che fare con il nostro
serpente interiore significa accogliere la nostra duplicità, l'ambivalenza, la
compresenza di luci e di ombre.
Mercurio-serpente
è ambivalente perché è sia mezzo della congiunzione sia velenoso e diabolico
separatore. Diavolo, diaballein, e simbolo, symballein:
il serpente come separatore e come unificatore.
Quando
si parla in modo psicologico ogni aspetto del tutto è fondamentale. Non si dà
l'uno senza l'altro e non si danno unioni senza differenziazioni.
Il
nostro amico serpente appartiene al corredo immaginale umano da sempre,
ed è presenza viva nella nostra psiche, la quale - se accoglie
questo elemento - diventa capace di esprimere se stessa, perché - così ci
ricorda Jung - il serpente è "la saggia parola di Eva".
E'
importante accettare la sua esistenza in noi, così
come accogliamo l'esistenza di un cervello
rettiliano e di un sistema limbico che ci regalano istinti ed emozioni oltre alla
fantastica capacità di pensiero offerta dalla nostra bella neocorteccia. Il
serpente è qualcosa di atavico. E' tutto ciò che ci appartiene dagli albori
dell'umanità.
Dee
e serpenti
In età tolemaica (dal terzo al primo secolo a.C.) due
dee furono assimilate tra loro: Renenutet, protettrice delle messi, rappresentata con la
testa di serpe e Iside. La fusione delle due diede origine al sincretismo
di Iside-Thermutis, il cui culto ebbe successo in epoca romana. La dea
veniva rappresentata con il corpo terminante in spire di serpente.
(Iside - Il mito, il mistero, la magia -
Electa 1997 - Francesco Tiradritti)
Gli sviluppi successivi di questa immagine del
femminile in area mediterranea ci riportano alla classificazione di Platone nel Timeo.
Platone riporta una zoogonia, una gerarchia del cosmo e delle sue creature,
ponendo - non diversamente dalla Genesi biblica - l'uomo al centro del cosmo.
Gli animali striscianti, ovvero non provvisti di piedi, sono considerati i più
dissennati tra tutti.
Ricordiamo anche, ancor più anticamente e sempre in area occidentale, la
Pitonessa di Apollo (la Pizia) era colei che pronunciava gli oracoli a Delphi
(1400 a. C.)
Prima ancora, si narra di un drago-serpente - il
protettore dell'oracolo della madre terra Gea, il quale viene sconfitto dallo
stesso Apollo al fine di installare il proprio culto solare opposto al culto
della dea del luogo.
L'oracolo della terra: la parola della madre sta nel
sibilo del serpente.
Nel testo biblico ritroviamo il nostro amico, temuto,
odiato, malefico eppure descritto come "phronimotatos" - il
più assennato - è lui- intelligenza concreta (appunti dalla mia Tesi di Laurea,
1998).
Ricordiamo, qualche secolo più avanti, avvicinandoci
ai tempi moderni, la storia di Melusina.
Questa fata francese è l'emblema della casata di
Lusignano (le versioni più note della leggenda compaiono verso la fine del
'300).
La
storia ci descrive una fanciulla bellissima che si prende cura di un uomo
turbato. Molto turbato. Egli ha infatti appena ucciso lo zio durante una
battuta di caccia. Un errore fatale. Fuggito in preda all'angoscia incontra
lei, Melusina, la quale immediatamente consiglia e protegge il
giovane. Lui l'ha combinata grossa. Lei suggerisce una strategia.
Intelligenza istintiva.
Strategie immediate.
Riflettiamo.
Che cosa mai accadrà adesso?
Dopo
l'omicidio non intenzionale, il protagonista - che di nome fa Raimondino- trova
la felicità.
Melusina
salva la pelle all'uomo, poi lo sposa e gli sta vicina; ha dei figli con lui -
il tutto secondo la tradizione degli "esseri elementali" descritti da
Teofrasto Bombasto Paracelso nel Liber de Nymphis.
Melusina
si offre a Raimondino come moglie amante e sorella ma il sabato, ecco... il
sabato no. Raimondino non potrà avvicinarsi a lei di sabato.
C'è
un tabù da rispettare. Naturalmente, non c'è fiaba che si rispetti senza un bel
tabù infranto. Sulla questione della rottura del patto nei racconti orali
della tradizione, Vladimir Ja Propp descrive molto bene la questione in: Le radici storiche dei racconti di fate.
Raimondino
il curioso spia la moglie al bagno. Lei si è trasformata in un ibrido metà
donna e metà serpente. Un mostro! Che orrore! Melusina si accorge dello
sguardo indiscreto e abbandona lo sposo, piena di rabbia. Gli aveva chiesto di
non guardare e lui ha guardato. Proprio lui, verrebbe da dire, che all'inizio
della storia aveva un bell'omicidio da nascondere. Proprio lui non ha voluto
fidarsi di lei. Come ci si poteva aspettare, è la fine. La fata serpentina se
ne va via per sempre e tanti saluti. Raimondino perde la vitalità del serpente,
che è ambiguamente salvifico, protettivo e mostruoso. Che cosa avrebbe dovuto
fare, d'altronde (lei)?
Fasi di sviluppo del femminino
La
fase serpentina della Regina alchemica, chiamata spesso anche Luna o Eva,
riguarda il passaggio noto come Nigredo, Opus Niger. Carl Gustav Jung ne parla a lungo nei testi
dedicati all'alchimia. In Mysterium coniunctionis troviamo la donna serpentina come fase
iniziale, da superare per arrivare alla presa di
coscienza. L'identificazione con la serpe deve trasformarsi in differenziazione,
in favore della relazione con questo elemento.
Diventare amica del serpente senza esserne avvelenata
è la grande sfida che ogni donna può affrontare sulla propria strada. Saggia
parola del serpente? Solo quando noi non "siamo" il serpente, perché
se ci lasciamo afferrare da esso possiamo agire solamente nell'ombra,
inconsciamente, continuando a ritrovarci sulle famigerate "strade
sbagliate" (in amore, soprattutto, e in altri campi).
Nel testo di Reusner Pandora troviamo
un'immagine riportata da Jung in Studi sull'alchimia. Una Melusina incoronata, ovviamente dotata di
coda, colpisce il Cristo alchemico (il principio maschile) con una
lancia.
All'inizio
del percorso verso la consapevolezza, entrambi i sessi ed entrambi i principi
finiscono per farsi male. Nell'immagine, accanto alla rettiliana memoria del
femminile ecco la più cosciente Eva che si avvicina al Cristo con la mano
alzata.
Segno
di pace?
Contatto?
Quando parliamo di relazione con l'elemento
rettiliano, di redenzione dello stesso, dobbiamo tenere presente l'immagine del
caduceo. Il bastone alato con un serpente attorcigliato ad esso è un araldo,
simbolo del dio Esculapio-Asclepio. Con due serpenti esso è la verga di Hermes-Mercurio.
Da veleno, qui il serpente è immagine della medicina,
dell'equilibrio.
Redento è anche lo stesso trio di serpenti o il
serpente singolo nelle mani dell'androgino finale, meta del percorso alchemico.
Nelle immagini che ho aggiunto qui possiamo coglierne intuitivamente la
portata.
Premetto che sul caduceo, nello specifico, ho un post
in preparazione e che approfondiremo insieme la questione tra qualche
settimana.
Ho scritto questo articolo, per ora. Nel trasloco del
blog da Wordpress (una parte del blog è ancora su quella piattaforma) ho
salvato il discorso "sul serpente" in file ma non lo avevo ancora
messo qui. L'incontro dell'amica blogger Rita Fortunato (paroleombra.com) con
un serpentello in carne e scaglie e le relative fotografie postate su Facebook
mi hanno attivata in merito.
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Gli animali striscianti, ovvero non provvisti di piedi, sono considerati i più dissennati tra tutti.
Ricordiamo anche, ancor più anticamente e sempre in area occidentale, la Pitonessa di Apollo (la Pizia) era colei che pronunciava gli oracoli a Delphi (1400 a. C.)
Nel testo di Reusner Pandora troviamo un'immagine riportata da Jung in Studi sull'alchimia. Una Melusina incoronata, ovviamente dotata di coda, colpisce il Cristo alchemico (il principio maschile) con una lancia.
Foto di Maura Banfo - io in attesa... |
L'attenzione
al piano psichico come opera di tipo alchemico-individuativo ci insegna che
dobbiamo imparare a sacrificare le posizioni rigide dell'Io, dobbiamo
accogliere la dinamica della vita e, per farlo, la fissità deve trasformarsi
nel suo esatto opposto: la volatilità, la fluidità. Viceversa, ciò che è troppo
volatile o troppo scorrevole va fissato. Per poter lavorare smussando gli
angoli e gli eccessi, dobbiamo cercare modelli di rapporto con le figure
dell'inconscio che siano più in "sintonia con il tempo", osando quel
che prima pareva non osabile.
Valeria Bianchi Mian
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