CINEMATERAPIA (del #lunedì): TI (S)CONSIGLIO UN FILM - THE WITCH (LA STREGA)

The Witch è indubbiamente una fiaba al nero, opera di Robert Eggers. Si tratta di un film drammatico, più che horror, vincitore della miglior regia U.S. Dramatic - infatti - al Sundance Film Festival 2015.
Appassionato sin da bambino di storie fatate e stregonesche, in un'intervista a The Guardian l'autore racconta alcuni episodi della propria infanzia, tra i quali la gite a Salem ogni anno in occasione della festa di Halloween. Per ricostruire il contesto nel quale far muovere gli attori del film, per offrire uno scenario il più possibile realistico, Eggers si è documentato molto, rileggendo preghiere e diari dei Puritani del XVII° secolo. Ogni dettaglio, dai tessuti degli abiti ai materiali per costruire l'abitazione e la stalla, è stato scelto con cura meticolosa, cucito a mano, assemblato seguendo passo per passo i diktat dell'epoca. La luce naturale, il lume di candela, il cotone grezzo, la pelle bianca, il sangue trasparente, l'erba secca, l'odore delle pannocchie, gli alberi nel bosco, gli occhi della lepre: la naturalezza e la cura si sposano in questa pellicola, dando vita ad una storia dentro la quale lo spettatore è letteralmente trascinato. 

"Penso che ci sia una sorta di magia nell'autenticità" - (Robert Eggers, The Guardian)

The Witch


Goya's devil and witches


Il martello delle streghe - processi e condanne.

TRA PREGHIERE E CANTILENE 

Anya Taylor Joy è Thomasin, figlia maggiore in una famiglia puritana del New England nella prima metà del '600. Pre-adolescente, si sta trasformando in donna; la sua corporeità è naturalmente seducente. 
Ralph Ineson è William, il capofamiglia, allontanato dalla comunità per la sua modalità oppositiva nei confronti delle regole della stessa, orgoglioso al limite della presunzione e particolarmente devoto, seppur spesso confuso e in lotta con le proprie umane contraddizioni.
La famiglia esiliata trova riparo al limitar del bosco, ed è a questo punto che hanno inizio i veri guai.

Superstizione, terrori atavici, filastrocche infantili che parlano di caproni neri, preghiere e rituali si incrociano, si mescolano e rimescolano in un cocktail cinematografico fatale. La potenza delle cantilene è evidente: che si tratti di nursery-rhymes o di salmi, di canti infantili o di versetti biblici ripetuti senza sosta, allo spettatore non resta che ascoltare per essere sedotto e catturato. Il Verbo divino tratto dalle scritture religiose sembra evocare la luce ma, per l'inevitabile legge degli opposti, tanto aumenta la sicurezza del giorno e tanto cresce nell'ombra del sottobosco il potere notturno, diabolico. L'alba e il tramonto si alternano, ma è l'oscurità a vincere, ed è oscurità indossata come una veste e una promessa di "vita deliziosa" dalle streghe, tra le quali la novella Thomasin, l'adepta, risplende - illuminata, sì, ma dai fuochi di Lucifero.

Alla scomparsa del neonato Samuel, la trama comincia a farci precipitare nell'incubo; lo spettatore, noi spettatori, scivoliamo inesorabilmente dentro emozioni dense, attraenti e terribili. A tratti, il dramma sembra avere uno sbocco; la nostra speranza si accende un poco perché ci si affeziona in qualche modo ai personaggi, al padre duro eppure affettivo, alla madre disperata per la perdita dei suoi bambini, persino ai gemelli pestiferi... ma è un attimo...


CONSIGLIO:

- La qualità del film è notevole e la storia ci offre la possibilità di riflettere sulle parti oscure che emergono necessariamente come tali quando la luce divina è troppo intensa. 


Ogni Sol reca con sé l'Ombra dello stesso, il Sol Niger: un concetto ben chiaro agli alchimisti e agli psicologi analisti.

- Possiamo riflettere sulla malvagità delle creature umane ponendoci una semplice domanda: dove sta il male in questo film? Il "demonio" è forse in Thomasin, oppure nella sfiducia che la circonda, nella calunnia, nelle crudeltà insite in ogni tipo di rapporto umano? La scelta del male appare come un "non poter fare altro che", un "non poter far a meno di". Noi figli e genitori del XXI° secolo possiamo domandarci, quattrocento anni dopo la storia di questa fanciulla e della sua famiglia: che cosa è cambiato?

SCONSIGLIO:

- Volendo proprio cercare il pelo nell'uovo lo si trova. Eccolo: l'unica immagine leggermente inadatta è quella della strega del bosco, la più bella; compare ad un certo punto della storia con il suo mantello rosso e le labbra siliconate. L'unica attrice oggettivamente poco intonata al film. 

- L'intento del regista è colto e raffinato, ed è quello di recuperare la potenza della strega archetipica nell'immaginario collettivo, al di là delle raffinatezze e delle modifiche storiche e mediatiche. Tornare all'origine della paura del femminile. Del cambiamento del corpo di una adolescente (e qui un'associazione con la più moderna Carrie dallo "sguardo di satana" e il tema mestruale mi viene spontanea). Alla fine però a me resta un gusto un poco amaro in bocca, lo ammetto, ben sapendo che un finale alternativo è possibile ora, sempre e comunque e che sta a noi donne scriverlo, riscriverlo, e ancora inventarlo. La bella fanciulla pre-adolescente è governata dalla legge di Dio e dal proprio padre, tanto quanto la strega è sedotta e catturata dal diavolo, sottomessa al potere oscuro, controparte del divino. Tra Sol e Sol Niger, lei cade e ricade nella dipendenza dall'altro - il nero caprone promette, ma in cambio chiede. Non c'è libertà nemmeno per le streghe.


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